I virus nascosti nel logos
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Cultura | Filosofia
Dalla Grecia fino ad Heidegger e oltre, la tradizione filosofica e culturale ha sempre annullato la realtà umana non cosciente. Come ricostruisce Elisabetta Amalfitano nel suo nuovo saggio ‹Controstoria della ragione›
Bambini, stranieri e donne si sono visti annullare l’identità dalla ragione e dalla religione maschili
Nietzsche tentò di criticare il razionalismo occidentale sul suo stesso terreno e fallì
• In apertura e nella pagina a fianco. Rogo di streghe Derenburg in Germania, stampa realizzata a Norimberga da Jörg Merckel nel 1555
• L’incontro a Libri Come
Il 12 marzo (ore 11) il saggio ‹Controstoria della ragione. Il grande inganno del pensiero occidentale› di Elisabetta Amalfitano viene presentato in anteprima (uscirà nelle librerie il 18 marzo) a Libri Come - Festa del libro e della lettura, all’Auditorium Parco della musica di Roma. Insieme all’autrice sono presenti: Ilaria Maccari, ricercatrice in Fisica all’Università di Stoccolma, Simona Maggiorelli di ‹Left› e David Natali, docente di Politica comparata e dell’Ue presso la Scuola superiore Sant’Anna di Pisa. L’ingresso è gratuito ma occorre prenotarsi.
‹www.auditorium.com›
di Paola Gramigni e Alice Dell’Erba
Left n. 10 — 11/3/2022 (venerdì 11 marzo 2022), pp. 48-51.
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«Parole grandi come “progresso” e “felicità”, invece di essere segni di un’evidente laicizzazione, finiscono per acquisire un alone di sacralità e intangibilità. In nome del progresso e della felicità si può fare qualsiasi cosa (anche le guerre e mandare a morire altri esseri umani). La storia degli uomini diviene una corsa inesorabile verso il successo in una visione ottimistica che poco si distanzia dall’antica provvidenza cristiana. Là dove prima si faceva la volontà di dio, adesso si fa la volontà della ragione».
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Con queste parole Elisabetta Amalfitano, autrice del bellissimo saggio ‹Controstoria della ragione. Il grande inganno del pensiero occidentale›, di prossima uscita (il 18 marzo) per l’Asino d’oro edizioni, riflette su uno dei tanti nodi irrisolti che la storia del ‹logos› ci consegna. Con una scrittura agile, e nello stesso tempo intensa, l’autrice dipana gli innumerevoli fili che si sono intrecciati nel corso della millenaria storia della ragione, assunta a protagonista quasi personificata dell’intero orizzonte culturale e materiale dell’Occidente. Come fosse un film che scorre sotto i nostri occhi, il piano delle idee (dal naturalismo dei primi filosofi al razionalismo platonico o illuminista, dal geometrismo seicentesco all’esistenzialismo o all’idealismo tedesco, solo per fare alcuni esempi) è costantemente calato, “combinato”, immerso nel piano dei fatti; dei piccoli e dei grandi fatti della storia. L’idea centrale di questo lavoro riposa nell’intenzione di mostrare il sostanziale fallimento dell’intera tradizione filosofica dell’Occidente riguardo alla conoscenza e all’identità dell’essere umano, concepito dai primi filosofi della Grecia classica fino ad arrivare alle ultime propaggini del pensiero post-moderno novecentesco, come un essere scisso, spaccato a metà da un fossato che divide il bene dal male, l’essere dal non-essere, l’umano (il pensiero razionale) dall’animale o dal pazzo. Questo fondo oscuro, in cui si impastano sensazioni e immagini, angosce e passioni, è impossibile da comprendere dalla logica della ragione, la quale, nel momento stesso in cui lo nomina o lo considera esistente, lo fa inorridendo e leva scudi crociati a difesa di se stessa; quasi fosse, sembra suggerire l’autrice, facendo propria la ricerca e la teoria di Massimo Fagioli sul pensiero non cosciente, il frutto di una percezione delirante nei confronti di se stessi, del proprio mondo interiore che una volta riconosciuto nella donna, nello straniero, nel bambino, fa della donna, dello straniero, del bambino i primi nemici del logos occidentale. Ed è questo il senso del titolo di questo volume; come scrive l’autrice nell’Introduzione: «… via via che la storia prendeva corpo … mi sono resa conto che, più che di una storia, si trattava di una “controstoria”, di un racconto al contrario, perché protagonista del libro, ma soprattutto della prossima storia, sarà e dovrà essere non la ragione, ma l’irrazionale» per poter «restituire identità e dignità a tutti coloro che se le sono viste annullate dal ‹lógos› e dalla religione maschili». Bambini, stranieri e donne.
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Così, mentre seguiamo il racconto di come la filosofia, prima forma di sapere che pretende di essere altro dal mito, si struttura in una logica scissa dal corpo e perciò astratta, del tutto compatibile con la religione – da cui, in un drammatico falso movimento, non riuscirà mai a separarsi – emerge, come fosse un fiume carsico che si agita nel fondo, la storia triste, tragica ed eroica, di donne che sentiamo vicine, che riconosciamo amiche. Come illuminate da lampi improvvisi, compaiono sotto i nostri occhi fantasmi di figure femminili, evanescenti ed eteree, ridotte, sotto il cielo ellenico, ad essere quasi nulla, solo una “variante difettiva della specie”; fantasmi di streghe bruciate in nome della modernità nascente, di dame colte e libertine silenziosamente disprezzate nei salotti seicenteschi, di rivoluzionarie passate sotto la lama della ghigliottina nel secolo di Voltaire. L’annullamento della donna è causa e insieme conseguenza dell’impossibilità, per il pensiero razionale, di emanciparsi dalla religione, in particolare quella cristiana. Come ci ricorda Elisabetta Amalfitano «il termine stesso “femmina” deriva da ‹minus fè›, minor fede, dunque più disposta alle tentazioni. Essa infatti nasce da una costola ricurva di Adamo, ricurva verso l’interno dell’uomo, rivolta contro il suo petto, contraria all’uomo per sua natura». Il travagliato percorso del ‹logos›, fatto di fughe in avanti e bruschi e perduranti arretramenti, ha condotto a conquiste innegabili sul piano materiale, scientifico, tecnico, giuridico, ma il paradigma che finisce per fondare la civiltà occidentale assume i tratti di una logica binaria che ricalca la brutta favola di Caino e Abele, della morte necessaria dell’uno perché l’altro, ormai irrimediabilmente “cattivo”, possa vivere e fondare imperi. Logica che non comprende nulla della realtà umana profonda. Logica che è, essa stessa, figlia di quella malattia che vede nell’“altro”. In pochi hanno provato a scardinarla, a rimetterla in discussione, e con esiti infausti. Nelle pagine dedicate a Nietzsche leggiamo: «Fu il filosofo che ebbe l’ardire di contestare alla radice i due grandi assolutismi di ragione e religione; fu colui che non ebbe timore di affondare lo sguardo nelle oscurità e nelle contraddizioni della propria epoca mettendone in risalto i punti deboli, le crisi, le questioni non risolte. L’ingenuità di Nietzsche fu simile a quella di un altro eretico del pensiero occidentale: Giordano Bruno. Come quest’ultimo credette di rifondare il cristianesimo dal suo interno, così egli credette di criticare il razionalismo occidentale sul suo stesso terreno, disegnando un dionisiaco che non era molto diverso da quello che la tradizione razionale e religiosa aveva tramandato … così Nietzsche non riuscì a parare i contraccolpi di quel Dioniso che alla fine gli divorò l’animo». La risata pazza di Nietzsche con cui si chiude il XIX secolo, il secolo della cosiddetta “scoperta dell’inconscio”, sembra rimanere sepolta dagli eventi “grandi e terribili” della nuova epoca: il tempo inizia a correre a una velocità mai vista, e nel giro di pochi decenni si assiste a rivolgimenti di una portata storica inimmaginabile fino ad allora: guerre di massa, rivoluzioni, stermini, il mondo spaccato in due da forme di vita e di pensiero che si dicevano nemiche. Sotto le macerie del “progresso” e di una violenza lucida che era arrivata a teorizzare, con Heidegger, “l’essere per la morte” come il fondo primigenio dell’esistenza, era andato perduto ogni senso dell’umano.
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Nel racconto, che assume i tratti di una tragedia, quella delle sciagurate vicende del protagonista “nascosto” di questa ‹Controstoria della ragione›, vale a dire il pensiero non razionale, abbiamo già perso le speranze quando arriviamo agli ultimi capitoli e leggiamo la descrizione di un inquietante scenario. Gli eventi sembrano precipitare per l’ennesima volta. Siamo negli anni Settanta. Noi che scriviamo, e che abbiamo vissuto quegli anni quando eravamo bambine, con la lettura di queste pagine riusciamo a immaginare, forse rievocare, l’atmosfera di paura, di terrore, il senso di incertezza fatto di angoscia e speranze deluse: il comunismo aveva mostrato il suo lato peggiore, era in atto la guerra fredda e si perpetuava uno scontro generazionale che proponeva uno strano concetto di libertà, fatto di esperienze psichedeliche, di pazzia e di attentati terroristici. E così, in quegli anni, quando tutto ormai sembrava perduto, il protagonista del nostro racconto viene finalmente tratto in salvo: Massimo Fagioli irrompe nella storia e «silenziosamente scrive».
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Ciò che colpisce immediatamente il lettore è questo contrasto tra il fragore, il rumore delle bombe e le grida degli slogan, e il silenzio della scrittura, la calma del medico che studia, lavora e scrive della sua scoperta. La calma che scopre l’autrice stessa quando, nel bel mezzo di una crisi personale, inizia a leggere gli scritti di Fagioli e a scoprire «un nuovo modo di interpretare i fatti e la realtà». Questo nuovo, noi sappiamo oggi, risiede nella certezza dell’esistenza di un non razionale non scisso, che è pensiero, e si costituisce come unico e inequivocabile fondamento dell’essere umano, la sua umanità. La realtà non cosciente, che in condizioni fisiologiche naturalmente porta l’uomo ad un rapporto di interesse verso gli altri, allo stesso tempo lo mette di fronte al dovere di chiarire come e perché a volte questo non avviene. Il pensiero non razionale esige sempre la ricerca.
Ed è questa ricerca la chiave di volta, lo strumento che potremmo definire universale, che deve orientare nell’interpretazione di ogni fatto umano. In ogni pensiero, immagine, comportamento, del singolo così come delle società, presenti e passate, possiamo e dobbiamo oggi chiederci ogni volta se questo senso dell’umano è conservato, realizzato, sviluppato, oppure no.
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ANNOTAZIONI E SPUNTI
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COMMENTO — da completare.
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