La ‹Sunna›, la raccolta dei detti e dei fatti del Profeta, racconta così il momento fatidico in cui Maometto pronunciò i versetti che fondarono l’istituto dell’‹hijab›: un termine importante nella cultura islamica, che si riferisce, genericamente, a qualcosa che separa, divide o protegge. Può trattarsi di un elemento architettonico, all’interno delle case o delle moschee, e in questo caso viene tradotto con “tenda”, “cortina” oppure può indicare il “velo”, quell’indumento che ancora oggi contraddistingue l’abbigliamento della donna musulmana praticante e che così tante e aspre polemiche ha acceso di recente.
Quelli citati sono versetti dall’apparenza innocua, eppure gravidi di conseguenze: lo ‹hijab› cade e separa per sempre gli spazi di vita intima da quelli della vita pubblica, il mondo delle donne da quello degli uomini. E un velo, quasi un’estensione di quella parete, coprirà il capo, e in alcuni casi il volto, delle donne. Questi però sono gli esiti di un processo piuttosto combattuto, che inizia nei primissimi anni di espansione dell’islam, e che vede contrapporsi apertamente due partiti, uno femminista e uno maschilista. Un processo che avrebbe potuto concludersi anche diversamente.
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K E Y W O R D S
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