La misoginia in quella regione era così feroce che non ha senso parlare di quali diritti fossero negati: si discuteva se la donna fosse più simile a una cosa o a un individuo e, comunque, non le si riconosceva maggiore autonomia che a uno schiavo; serviva a scopi sessuali e riproduttivi; doveva assoluta obbedienza al marito — la professione di obbedienza doveva essere fatta regolarmente, ogni mattina, inginocchiandosi per nove volte davanti al consorte che ne disponeva come meglio credeva; veniva ereditata e poteva essere prestata. I figli appartenevano al marito: per gli uomini sassanidi avere eredi maschi era un obbligo. Infine, sebbene le donne ereditassero, erano i mariti gli unici usufruttuari del patrimonio. Nella stessa epoca, a Bisanzio, le donne di nobili origini erano solite indossare il velo nei luoghi pubblici, o dove fossero presenti uomini estranei, per distinguersi dalle schiave e dalle donne di altre religioni, vivevano segregate e protette da schiere di eunuchi, se uscivano dovevano essere accompagnate, si sposavano ancora bambine, il loro diritto di testimonianza era limitato a cose di cui avevano diretta competenza, come le nascite. Questo tipo di cultura aveva già cominciato a filtrare nell’Arabia del VI secolo, perché i contatti commerciali con questi paesi erano fitti, in particolare nei centri di grande passaggio come la Mecca. Si trattava però di una penetrazione non omogenea.
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K E Y W O R D S
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