La città era cinta da un fossato che Maometto stesso aveva ordinato di scavare, per impedirne la presa, ma dentro regnavano confusione e incertezza. In quel periodo era d’uso che le donne venissero rapite, che si abusasse di loro. In strada esisteva un altro codice etico: lì, il reato di ‹zina›, tradimento o adulterio, poteva avvenire; lì, il corpo della donna era ‹‘aoura›, nudità, elemento vulnerabile senza difesa. Perfino le mogli del Profeta venivano accostate, c’era chi pensava di poterle sposare una volta morto Maometto, e osava parlarne al Profeta, osava addirittura sfiorare loro la mano. Quasi fossero donne come le altre. L’introduzione del velo si fa, per la fazione maschilista, sempre più urgente, non tanto per gestire un problema di ordine pubblico, ma soprattutto per ricondurre le donne alla ragione, per sedare quella voglia di autonomia che con sfacciataggine alcune di esse, capeggiate da Umm Salama, sesta moglie di Maometto, esprimevano, per fiaccare la loro volontà di partecipare a tutte le sfere della vita sociale e di condividere con gli uomini oneri, onori e perfino bottini di guerra.
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K E Y W O R D S
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